Indagine: la medicina difensiva e i pericoli per la salute dei pazienti
martedì 25 agosto 2009

Su questo tema ha effettuato una ricerca il Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia Penale e la Politica Criminale, per indagare sulle ragioni che spingono i professionisti ad adottare un atteggiamento di “medicina difensiva”


I medici prescrivono più esami di quelli strettamente necessari, oppure si rifiutano di trattare un caso particolarmente a rischio. Sono questi gli effetti della medicina difensiva messa in pratica dai professionisti della sanità per tutelarsi da potenziali denunce con esiti penali o civili.

Su questo tema ha effettuato una ricerca il Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia Penale e la Politica Criminale, per indagare sulle ragioni che spingono i professionisti ad adottare questo tipo di atteggiamento. L’indagine è composta da due sezioni: una di tipo quantitativo e una qualitativa. Nella prima sono stati coinvolti 1000 medici appartenenti alla Società Italiana di Chirurgia a cui è stato inviato un questionario strutturato. Ha risposto il 30% del campione (sono stati raccolti 307 questionari). Per la sezione qualitativa sono state realizzate 21 interviste a specialisti di:  pronto soccorso, urologia, pediatria, chirurgia generale e d’urgenza, anestesia e rianimazione, endocrinologia, patologia della gravidanza, ginecologia e otorinolaringoiatria. Le domande miravano ad individuare i fattori che scatenano i comportamenti difensivi.


L’indagine è stata coordinata da Maurizio Catino e condotta con Paola Cattorini e Chiara Locatelli.
Perché la medicina difensiva.


Secondo i dati di Ania negli ultimi anni si è registrato un allarmante aumento delle richieste di risarcimento da parte dei pazienti a carico dei medici e delle strutture sanitarie. Dal 1995 al 2005 si è passati da 17.000 sinistri denunciati a circa 28.500 con un aumento del 65%.

 

I risultati della ricerca.

 

il 77,9% del campione ammette di avere adottato almeno un comportamento di Medicina Difensiva durante l’ultimo mese di lavoro;
l’82,8% dichiara di avere inserito in cartella clinica annotazioni evitabili;
il 69,8% afferma di aver proposto il ricovero di un paziente in ospedale, nonostante fosse gestibile ambulatorialmente;
il 61,3% dichiara di aver prescritto un numero maggiore di esami diagnostici rispetto a quello necessario;
il 58,6% dichiara di essere ricorso alla consultazione non necessaria di altri specialisti;
il 51,5% afferma di aver prescritto farmaci non necessari;
il 26,2% dichiara di avere escluso pazienti “a rischio” da alcuni trattamenti, oltre le normali regole di prudenza.
Le motivazioni principali dichiarate dagli intervistati per spiegare i comportamenti di medicina difensiva adottati:


l’80,4% ha timore di un contenzioso medico-legale;
il 65,7% risente l’influenza di precedenti esperienze di contenziosi a carico dei propri colleghi;
il 59,8% ha timore di ricevere una richiesta di risarcimento;
il 51,8% è influenzato da precedenti esperienze personali di contenzioso;
il 43,5% esprime il timore di ricevere una pubblicità negativa da parte dei mass media.
Come intervenire contro il dilagare di atteggiamenti di medicina difensiva
Il rischio della medicina difensiva è che l’obiettivo prioritario della tutela della salute del paziente venga subordinato alla minimizzazione del rischio legale. Sarebbe necessario un intervento legislativo che ripristini un equilibrio tra l’esigenza di salvaguardare gli operatori sanitari da iniziative giudiziarie avvertite come arbitrarie e ingiuste e la necessità di tutelare i diritti dei pazienti che si ritengano danneggiati da episodi di medical malpractice.


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